Lezione 21 La decolonizzazione

I dannati della terra

Nel suo libro I dannati della terra – considerato quasi un manifesto della liberazione rivoluzionaria anticoloniale - Frantz Fanon (1925 – 1961), un medico-psichiatra nativo della Martinica, colonia francese, grande combattente della rivoluzione algerina, analizza il fenomeno della colonizzazione e poi della decolonizzazione. Scrive così:

«Il colonialismo e l’imperialismo non si sono sdebitati con noi quando hanno ritirato dai nostri territori le bandiere e le forze di polizia. Per secoli i capitalisti si sono comportati nel mondo sottosviluppato come dei veri criminali di guerra. Le deportazioni, i massacri, il lavoro forzato, lo schiavismo sono stati i principali mezzi impiegati dal capitalismo per aumentare le sue riserve d’oro e di diamanti, le sue ricchezze e per stabilire la sua potenza. […] Noi diciamo che gli Stati imperialisti commetterebbero un grave errore e un’ingiustizia senza nome se si contentassero di ritirare dal nostro suolo le coorti militari, i servizi amministrativi e di economato, la cui funzione era di scoprire ricchezze, estrarle e spedirle verso le metropoli. La riparazione morale dell’indipendenza nazionale non ci acceca, non ci nutre. La ricchezza dei paesi imperialisti è anche la nostra ricchezza. Sul piano dell’universale, questa affermazione, com’è facile capire, non vuole assolutamente significare che noi ci sentiamo oggetto delle creazioni della tecnica e delle arti occidentali. Molto concretamente l’Europa si è gonfiata smisuratamente dell’oro e delle materie prime dei paesi coloniali: America latina, Cina, Africa. Da tutti quei continenti, di fronte ai quali l’Europa oggi erge la sua torre opulenta, partono da secoli in direzione di quella stessa Europa i diamanti e il petrolio, la seta e il cotone, i legnami e i prodotti esotici. L’Europa è letteralmente la creazione del terzo mondo. Le ricchezze che la soffocano sono quelle che sono state rubate ai popoli sottosviluppati. I porti dell’Olanda, Liverpool, i docks di Bordeaux e di Liverpool specializzati nella tratta dei negri, devono la loro fama ai milioni di schiavi deportati. E quando noi sentiamo un capo di Stato europeo dichiarare con la mano sul cuore che deve portar soccorso agli sventurati popoli sottosviluppati, noi non palpitiamo di riconoscenza. Anzi ci diciamo: “è una giusta riparazione che ci verrà fatta”».